Se siete stati in visita nella città di Venezia avete sicuramente sentito pronunciare, tra le calli e i campielli, la parola schei. Quanti schei go da darte? Go quatro schei in scarsea. Vansito schei da mi? So proprio sensa schei.
La traduzione letterale di “schei” è “soldi”, in particolare si riferisce agli spiccioli, alle monetine. L’origine del termine risale al periodo del dominio austro-ungarico sulla Serenissima, durante il regno dell’imperatore Francesco Giuseppe. In quel tempo circolava una piccola moneta, la Pfenning, con la scritta “scheidemünze” (che si pronuncia “sciai de münze” e significa “moneta divisionale”). I veneziani, non conoscendo bene il tedesco, pronunciavano la parola esattamente come la leggevano: “schei”.
Ancora oggi il termine “schei” viene utilizzato anche al singolare, “scheo”, per indicare qualcosa di estremamente piccolo o breve.
La seconda parte dell’iscrizione originale, “de münze”, rimaneva di difficile comprensione e fu semplificata in qualcosa di più famigliare: “schei de mona”. La parola “mona” nel dialetto veneziano ha un duplice significato: oltre a indicare l’organo sessuale femminile, viene usata per descrivere una persona stupida o ingenua, in modo bonario.
In quel periodo era vigente una legge molto severa: chi aveva meno di 5 monete “scheidemünze” in tasca veniva arrestato per vagabondaggio dalla polizia austriaca e finiva in carcere. Da qui il famoso detto veneziano: “ghe vol sempre 5 schei de mona in scarsea”.
Questo modo di dire ha oggi un’accezione diversa: a volte è meglio passare per stupidi durante una trattativa o una discussione, fingendo di non capire, per ottenere un vantaggio strategico e un miglior risultato.
In lingua veneta, “soldi” si traduce in “schei”. Tuttavia, durante i mille anni di Repubblica oligarchica a Venezia, le valute in circolazione erano i ducati e le lire veneziane. L’uso del termine “schei” è stato preso durante la dominazione austriaca (1815-1866), quando la moneta da 5 kreuzer o carantani riportava la scritta “Scheide Münze” (moneta spicciola), che veniva erroneamente pronunciata come “schei” dai veneziani.
Negli anni ’80 i miei nonni mi davano la mancia di “mille lire” dicendomi “tien mille franchi”.
Questa usanza non viene dalla dominazione francese napoleonica ma sempre attribuibile al termine austriaco. In particolare con l’abbreviazione di Francesco Giuseppe (imperatore) in “Beppe Franc”. Da “Franc” il “franco” i soldi di Franco.
Guardate questo video se volete scoprire come si pronuncia