Eccidio di Bassano del Grappa
Operazione Piave fu un’operazione ordinata dall’alto comando tedesco in Italia nel settembre 1944 per eliminare le formazioni partigiane operative sul massiccio del monte Grappa. Tale operazione ebbe il suo apice il 26 settembre 1944, quando nel corso centrale di Bassano del Grappa furono impiccate 31 persone.
Presso la villa Caprera di Castello di Godego fu messo assieme un esercito composto da circa 10.000 uomini, di diversa provenienza, agli ordini del colonnello Zimmermann. Con questa armata le truppe circondarono il monte Grappa attuando un aggiramento che non lasciò via di scampo ai partigiani che si erano ritirati nella sommità del monte.
Alla base del massiccio vi erano unità delle SS, oltre a volontari ucraini, reparti del corpo di sicurezza trentino, del Polizeiregiment “Bozen” e della 1ª Legione d’Assalto “M” “Tagliamento”. Inoltre per bloccare le strade furono attive anche le Brigate Nere di Vicenza e Treviso e alcune compagnie della Guardia Nazionale Repubblicana presso Crespano e Cavaso.
L’attacco
L’inizio del rastrellamento avvenne alle 6:30 del 20 settembre 1944, a partire dal versante est, cioè da Quero e Alano di Piave in direzione del monte Grappa.
La maggior parte degli uomini si ritirò sulle sommità, ma lì furono catturati e alcuni anche fucilati sul posto. Alle 13:30 del 21 settembre il capitano Angelo Pasini diede l’ordine del “si salvi chi può”, e lui stesso riuscì alla fine a giungere al fondovalle grazie all’aiuto di alcuni fedelissimi. Gli ultimi che resistettero al rastrellamento furono quelli che appartenevano al battaglione “Buozzi”, dato che meglio conoscevano il territorio. Al 28 settembre vi erano ancora asserragliati una ventina di partigiani che decisero di abbandonare la cima verso le vette feltrine e quindi raggiungendo la brigata “Gramsci” comandata da Paride Brunetti detto “Bruno”.
L’eccidio di Bassano
Cessate le operazioni, i partigiani catturati vennero interrogati e alcuni di loro vennero fucilati o impiccati dopo sommari processi. Altri furono deportati in Germania, presso un sotto-campo del campo di concentramento di Dachau.
Ad altri 31 verrà riservato invece un trattamento speciale riservato loro dal vice brigadiere delle SS Karl Franz Tausch di appena 22 anni che era di stanza a Bassano del Grappa, soprannominato dalla popolazione locale il “boia tedesco”.
Andorfer escogitò un piano basato su un inganno. Affiggendo avvisi sulle mura dei vari paesi, promise alla popolazione che chi si fosse presentato spontaneamente avrebbe ottenuto un posto di lavoro all’organizzazione Todt oppure nella FlaK (unità della contraerea). Grazie a questo ingegnoso tranello, Andorfer venne aiutato indirettamente dalle varie personalità dei vari paesi, come i maestri, i sindaci i sacerdoti e persino le madri stesse che insistettero perché i propri figli si presentassero.



Il 26 settembre però, accompagnati su camion dai soldati tedeschi fino a Bassano, coloro che si erano presentati andarono incontro ad un’esecuzione di massa: ognuno di essi, dopo avergli effettuato un’iniezione di stordimento, fu impiccato ad un albero utilizzando un cavo telefonico collegato al camion. All’ordine di Tausch il camion avanzava tirando il cavo, dopodiché veniva il turno di un altro, impiccato sempre con lo stesso cavo all’albero successivo. Fino alla trentunesima vittima il procedimento venne sistematicamente eseguito, alla presenza di numerosa popolazione. I cavi erano infilati da fascisti appartenenti alla vecchia Avanguardia (le cosiddette “Fiamme bianche”) in gran parte giovanissimi, mentre Tausch coordinava il tutto. Le vittime che non morivano subito, venivano tirate verso il basso dagli stessi Avanguardisti, in modo da affrettarne il decesso, in una sorta di colpo di grazia. I corpi rimasero esposti per 20 ore, a ciascun corpo venne appeso un cartello al collo con la dicitura “Bandito”.

A testimonianza di quanto accaduto, ancora oggi a Bassano del Grappa, si possono vedere le croci appese agli alberi con i nomi dei ragazzi.